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L’anno delle 3T

 

 

Quando si parla di crisi è quasi automatico pensare in negativo, il termine di per se evoca concetti come incertezza, difficoltà, sacrificio. Ma forse non tutti sanno che l’antico senso della parola è molto meno catastrofico di quanto la stessa lascia intendere. Crisi significa cambiamento, oppure passaggio concetti decisamente più “digeribili” di una parola che gli italiani vivono ormai come un autentico spauracchio.
Non hanno però tutti i torti: assillati dallo spread, terrorizzati dal debito pubblico più alto del mondo, con la politica e politicanti allo sbando, e il nuovo governo dei professori che ha messo mano a una manovra tutta sangue e tasse, c’è davvero poco da stare allegri. Il 2012 ha tutti i connotati per essere un annus horribilis, se poi ci aggiungiamo anche la profezia dei Maya siamo belli che fritti.
A parte le profezie la situazione è seria e le preoccupazioni concrete.
Quello che desta maggiore preoccupazione è la durata di questa crisi. È infatti certo che prima che il sistema Italia ricominci a crescere ci vorrà qualche anno: sempre che la medicina che ci ha propinato il professor Monti faccia davvero il suo effetto.
Che si fa nel frattempo? Reggerà la nostra economia, terranno le nostre imprese?  E, per stare nei pensieri dei lettori di questa rivista, ristoranti e pizzerie come se la caveranno in questi magri anni che ci attendono?
La crisi è certo, (comprese le liberalizzazioni) accentueranno la competitività: sarà una sorta di guerra, tosta e senza tregua.
Non è detto che vinca il più forte sicuramente vincerà chi metterà in campo le tre T. No, non sono armi letali, ma solo tre indispensabili fattori per eccellere anche e soprattutto in tempo di crisi.
La prima T significa Territorio: perché la differenza, è in meglio, dell’offerta gastronomica la fanno i cibi, le materie prime e gli ingredienti tipici del luogo in cui si opera. Rappresentano, e non tutti lo sanno, una ricchezza incalcolabile, altro che debito pubblico. L’Italia ha giacimenti gastronomici immensi, che sono buoni, anzi ottimi, perfetti per la cosiddetta cucina a Km 0 la quale, oltre ad assicurare al menù genuinità e in molti casi anche “novità”, di certo permette di migliorare i budget d’acquisto.
E poi T come Tecnica: necessaria, indispensabile per padroneggiare ogni possibile aspetto che l’attività ristorativa richiede.
L’arte della cucina, del forno non s’improvvisa, la competenza dei cibi e della loro preparazione richiede studio e applicazione: ergo, ristoratori e pizzaioli senza arte ne parte non potranno andate molto lontano.
E infine T come Talento: anche nel far da mangiare ce ne vuole, è una virtù indispensabile e come tutte le virtù è invisibile all’occhio umano, ma è un po’ come il sale nella minestra, se non c’è te ne accorgi subito… e non mangi più.


16/03/2012

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